Il termine "NATURALE"
di Roberta Lamera Ι pubblicato il 23 febbraio 2024
Definire e usare il termine naturale in ambito food è sempre stato molto insidioso e i coloranti non sono un’eccezione. Ma i coloranti alimentari naturali esistono veramente, o sono solo un invenzione di marketing? Il concetto di naturale è così complesso che a livello europeo, la normativa alimentare di fatto attribuisce un significato preciso solo:
per l’acqua minerale e per gli aromi.
Il regolamento 1333/2008 non distingue i coloranti per la loro naturalità; questo significa che per questa normativa non esistono i coloranti naturali, sintetici e artificiali, sono tutti solo coloranti ammessi nel food perchè sono indicati nell’elenco positivo del regolamento stesso.
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Anche il Reg.1924/2006 che riguarda i claims salutistici, che vantano qualche “valore aggiunto”, come “povero di grassi”, “privo di lattosio”, non fa nessuna precisazione sulla possibilità di utilizzare il termine naturale.
Le attese che hanno i consumatori nei confronti di questo termine rende ulteriormente complicato definirne i contorni.
Una qualsiasi definizione non può certo limitarsi a stabilire che “naturale” sia utilizzabile quando un prodotto è esente da ingredienti artificiali.
Purtroppo, la questione è molto più spinosa di quanto sembri, perché sono molte le contraddizioni.
Per esempio, con la definizione di aromi naturali, secondo la normativa (Regolamento (CE) n. 1334/2008) si fa riferimento alla sola parte aromatica, mentre non si tiene conto degli additivi incorporati negli aromi per scopi tecnologici, come i solventi, gli emulsionanti,ecc., che non coincidono affatto con il criterio di “esente da sostanze chimiche di sintesi”.
Non a caso la SAFE (Safe food advocacy Europe), organizzazione non governativa che si occupa di sicurezza dei prodotti alimentari, analizzando la composizione di centinaia di prodotti disponibili sul mercato ha scoperto che la maggior parte degli alimenti che usano questo claim in realtà contengono sostanze chimiche sintetiche, autorizzate ma comunque ben lontane da poter essere considerate naturali.
NORMATIVE DI RIFERIMENTO
Ad oggi, per azzardare il termine naturale non si può che basarsi sul :
- Regolamento CE 178/2002 che vuole garantire un livello elevato di tutela della salute umana e degli interessi dei consumatori, e
- Regolamento UE 1169/2011 sull’etichettatura, che si prefigge di rendere i consumatori in grado di compiere scelte consapevoli e di prevenire qualsiasi pratica che lo inducano in errore.
Ma come non indurlo in errore, se lo stesso aggettivo “naturale”, secondo il dizionario della lingua italiana, è equivalente di non alterato, genuino, e derivante dalla natura?
Si dovrebbe sostenere che l’utilizzo del termine naturale dovrebbe essere riferito esclusivamente a prodotti alimentari che non hanno subito una trasformazione radicale della composizione originaria e che non contengono additivi chimici?
Con questa logica, nessun cibo trasformato è “naturale” perché non è prodotto dalla natura ma dall’uomo.
La normativa europea (Regolamento CE n. 852/2004) sull’igiene dei prodotti alimentari definisce i «prodotti non trasformati» e i «prodotti trasformati». I primi sono quelli non sottoposti a trattamento, eventualmente solo divisi, sezionati, affettati, disossati, tritati, scuoiati, frantumati, tagliati, puliti, rifilati, decorticati, macinati, refrigerati, congelati, surgelati o scongelati.
“In base a questa definizione si dovrebbe considerare naturale il grano e di conseguenza la farina, che si ricava con un processo semplice come la macinazione, ma il pane prodotto con questa farina? avendo subito operazioni che secondo il regolamento sono di “trasformazione” come la lievitazione e la cottura, come dovrebbe essere definito?
Ma se in ambito alimentare non esiste una definizione legale del termine “naturale”, viene spontaneo domandarsi quando e se sia lecito usare queste espressioni per alimenti e bevande prodotti industrialmente.
E da qui nasce la confusione, perchè basta girare tra gli scaffali del supermercato, per imbatterci frequentemente in diciture quali “prodotto naturale”, “di origine naturale”, e/o “100% naturale”. Frasi di marketing che hanno ben altri obiettivi.
L’argomento è molto ampio e complesso, non ci sono buchi legislativi, ma c’è più che altro la difficoltà di definire un termine (naturale) la cui percezione varia da prodotto a prodotto e da contesto a contesto.
In questo articolo ho riportato solo qualche esempio, ma se ne possono trovare tanti altri che motivano il fatto che non ci sia la possibilità di definire legalmente in senso generale il termine “naturale” nel food; comporterebbe un’infinita serie di distinguo e si entrerebbe in un ginepraio infinito di battaglie legali e contenzioni irrisolvibili, e se possibile una situazione di maggiore confusione di quella già esistente oggi.
CONCLUSIONE
Ciò che desidero trasmetterti con questo articolo è soprattutto quanto ti riporto nuovamente qui sotto.
Una volta compreso questo concetto, tutto nell’ambito del colore alimentare diventerà più semplice.
Il REG.UE 1333/2008 non distingue i coloranti per la loro naturalità; questo significa che per la normativa non esistono i coloranti naturali, sintetici e artificiali, sono tutti solo coloranti ammessi nel food perchè sono indicati nell’elenco positivo del regolamento stesso.
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ROBERTA LAMERA
Da oltre 25 anni lavoro con i colori alimentari e conosco le sfide legate alla colorazione in molteplici applicazioni. Problem Solving e soluzioni efficaci tramite l'utilizzo consapevole del colore.
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